Che la Campania sia la Regione con le liste d’attesa “di gran lunga” più brevi in Italia è un’affermazione del Governatore De Luca, che ha fatto sorridere più di qualcuno. Di sicuro ha fatto ridere – o piangere – chiunque abbia avuto a che fare con il servizio sanitario regionale, per analisi ed accertamenti, negli ultimi anni.
I tempi di attesa connessi alle prestazioni in Regione Campania – si è vantato il Governatore – non superano in media i dieci giorni. E nessuno in Italia, riesce a fare meglio.
È un’affermazione probabilmente vera, ma sicuramente “lacunosa” e ingannevole per una semplicissima ragione tecnica e burocratica che purtroppo sfugge ai più.
Le prescrizioni mediche, quelle che comunemente definiamo “ricette”, prevedono quattro diverse tempistiche che- almeno in teoria – dovrebbero essere individuate dal medico di base in base alla gravità e all’urgenza: U (urgente), B (breve), D (differibile) P (programmabile).
Nell’indicare la (poco credibile, sicuramente imprecisa) “media” di dieci giorni per l’effettuazione dell’esame, il Governatore avrebbe dovuto anche specificare per quale priorità prescritta: se appunto per una classe di priorità Urgente, Breve, Differibile o Programmabile. Una precisazione di non poco conto se si considerano un paio di cose, premettendo che non vi è possibilità alcuna (se la matematica non è un’opinione) che dieci giorni sia la media tra i tempi di attesa per le quattro classi di urgenza.
La prima: la tempistica non è affatto discrezionale. Anzi, è imposta dalla legge e, se l’ASL non vi si attiene, è passibile di denuncia e conseguente risarcimento (le sentenze in tal senso abbondano e sono unanimi nelle conclusioni: condanna e risarcimento). La prescrizione con codice U (urgente) impone una lista d’attesa di non più di 72 ore, vale a dire tre giorni. Quella con codice B (breve), di dieci giorni. Quella con D (differibile) di 30 giorni, e quella P di 120 giorni, vale a dire poco meno di 4 mesi.
Il medico di base, in maniera pressoché automatica, verrebbe da dire di default, (salvo ovviamente i casi di effettiva, particolare urgenza) rilascia prescrizioni con codice di priorità P: l’esame dovrebbe quindi essere effettuato entro circa quattro mesi.
Ora, chiunque abbia avuto a che fare con il servizio sanitario regionale, sa molto bene – avendolo vissuto sulla propria pelle e sulla propria salute – che per buona parte degli accertamenti e delle visite, siamo ben oltre questa tempistica. Per le visite e le analisi connesse alla diagnosi di autismo, tanto per fare un esempio, siamo intorno all’anno. Per una colonscopia, sei mesi ed oltre. Per una visita alla tiroide, cinque mesi: sono tempistiche che vengono fuori dall’App regionale Sinfonia-Campania in Salute: con una copertura, quindi, dell’intero territorio regionale. Manco spostandosi in altri capoluoghi di provincia, detto in altri termini, si riesce ad abbreviare l’attesa.
La tempistica indicata dal Governatore non può quindi assolutamente – a meno che non si vogliano mettere in discussione i principi basilari della matematica – essere una media tra le quattro classi di priorità.
Molto più probabile, invece, che il suo dato si riferisca alle sole prescrizioni U e B (urgenti e a breve termine). Se così fosse, ci sarebbe ben poco da vantarsene; in questo caso (al di là del presunto record nazionale) nella migliore delle ipotesi (classe di urgenza B) la Regione sarebbe “filo-filo” nel rispetto della legge. E in palese e grave violazione per la classe di urgenza U.
Ben farebbe quindi il Governatore – se davvero volesse dare un quadro realistico ed attendibile dello stato di salute della Regione in Campania – a specificare, priorità per priorità prescrizionale, quali sono in media i tempi di attesa. O, se preferisse un dato medio per non scendere troppo nel dettaglio, che tenesse conto di tutte e quattro le priorità prescrizionali. Perché “sparando” dieci giorni (e vantandosi peraltro di un record nazionale) di media tra chissà quali dati, come ha fatto, ha finito per gettarsi una zappa sui piedi.
Il suo dato sarà anche vero per le classi di maggiore urgenza: ma non è affatto cosa di cui andar fieri.